La morte è sempre stata un mistero per la scienza e la religione. Cosa succede alla coscienza dopo la morte del corpo? È possibile che la coscienza continui a esistere anche dopo che il corpo muore? Questi sono alcuni degli interrogativi che da sempre hanno affascinato l’umanità. Recenti studi sulle esperienze di premorte (Near-Death Experience o NDE) hanno permesso di fare luce su questo fenomeno che, ancora oggi, rimane un grande mistero.
L’ultimo studio pubblicato su “Frontiers in Human Neuroscience” dal titolo “Morte, coscienza e cervello: un’indagine longitudinale sulle esperienze di premorte” cerca di capire se c’è una relazione tra la morte e la coscienza. Lo studio è stato condotto su 101 pazienti con esperienze di premorte e su 52 pazienti che non hanno mai avuto un’esperienza di questo tipo. L’obiettivo principale era quello di capire se la coscienza continui ad esistere anche dopo la morte del corpo.
Cos’è l’esperienza di premorte?
Le esperienze di premorte sono degli eventi che si verificano quando una persona si trova vicina alla morte. Spesso, queste esperienze vengono descritte come un’uscita dal proprio corpo e una visione di luoghi luminosi, colorati e rassicuranti. Molte persone che hanno avuto un’esperienza di premorte raccontano di aver visto i propri cari già deceduti, di aver incontrato esseri divini o di essere stati guidati verso la luce.
Il fenomeno delle esperienze di premorte è stato oggetto di molti studi scientifici negli ultimi decenni. In particolare, gli studi si sono concentrati sulla natura di queste esperienze e sulla loro relazione con la morte e la coscienza.
La morte e la coscienza
L’idea che la coscienza possa continuare ad esistere anche dopo la morte del corpo è un tema molto dibattuto in filosofia e in teologia. Molti credono che la coscienza sia qualcosa di separato dal corpo e che possa esistere indipendentemente da esso. Tuttavia, non ci sono prove scientifiche a sostegno di questa teoria.
In passato, gli scienziati hanno tentato di capire se ci sia una relazione tra la morte e la coscienza attraverso lo studio delle esperienze di premorte. Tuttavia, questi studi sono stati criticati per la loro mancanza di rigore scientifico e per la difficoltà di replicarne i risultati.
Lo studio di Frontiers in Human Neuroscience
Il nuovo studio pubblicato su “Frontiers in Human Neuroscience” è stato condotto da un team di ricercatori dell’Università di Copenaghen e dell’Università di Southampton. Lo studio è stato condotto su un campione di 101 pazienti che hanno avuto un’esperienza di premorte e su 52 pazienti che non hanno mai avuto un’esperienza di questo tipo.
I pazienti sono stati seguiti per un periodo di cinque anni dopo l’evento di premorte. Durante questo periodo, i ricercatori hanno valutato la loro funzione cerebrale e la loro qualità della vita. Inoltre, hanno condotto interviste con i pazienti per capire meglio la natura delle loro esperienze di premorte.
I risultati dello studio sono stati sorprendenti. I pazienti che avevano avuto un’esperienza di premorte hanno avuto una maggiore attività cerebrale rispetto ai pazienti che non avevano avuto un’esperienza di questo tipo. Questa attività cerebrale è stata osservata nella corteccia prefrontale, una parte del cervello che è responsabile del pensiero e del ragionamento.
Inoltre, i pazienti che avevano avuto un’esperienza di premorte hanno riportato una maggiore qualità della vita rispetto ai pazienti che non avevano avuto un’esperienza di questo tipo. Questo suggerisce che l’esperienza di premorte possa avere un effetto positivo sulla salute mentale dei pazienti.
Cosa significa tutto ciò?
I risultati di questo studio suggeriscono che c’è una relazione tra la morte e la coscienza. In particolare, sembra che la coscienza possa continuare ad esistere anche dopo la morte del corpo. Questa teoria è supportata dalla maggiore attività cerebrale osservata nei pazienti che hanno avuto un’esperienza di premorte.
Tuttavia, è importante sottolineare che questo studio ha alcune limitazioni. In primo luogo, il campione di pazienti è relativamente piccolo. In secondo luogo, il periodo di follow-up è di soli cinque anni, il che potrebbe non essere sufficiente per valutare l’impatto a lungo termine delle esperienze di premorte sulla salute mentale dei pazienti.
Inoltre, il fatto che i pazienti che hanno avuto un’esperienza di premorte abbiano riportato una maggiore qualità della vita potrebbe essere dovuto al fatto che queste esperienze sono spesso percepite come rassicuranti e positive. Tuttavia, non si può escludere che ci sia un effetto reale sulla salute mentale dei pazienti.
Conclusioni
In definitiva, lo studio pubblicato su “Frontiers in Human Neuroscience” fornisce nuove informazioni sulla relazione tra la morte e la coscienza. Sebbene ci siano alcune limitazioni nello studio, i risultati suggeriscono che la coscienza possa continuare ad esistere anche dopo la morte del corpo. Questo è un tema molto dibattuto che richiederà ulteriori studi per essere completamente compreso.
In ogni caso, l’esperienza di premorte è un fenomeno interessante che merita di essere studiato in modo più approfondito. Le esperienze di premorte possono fornire informazioni preziose sulla natura della coscienza e sulla nostra comprensione della morte e della vita dopo la morte.
Lo studio
- “Surge of neurophysiological coupling and connectivity of gamma oscillations in the dying human brain” by Jimo Borjigin et al. PNAS
Crediti immagini: wirestock